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Sampdoria: dagli anni d’oro al baratro della Serie C

Delle volte il calcio smette di essere sport e diventa malinconia. Quando i simboli cadono, le bandiere si ammainano, le vecchie glorie appaiono nei documentari e le nuove scivolano in silenzio su campi polverosi. Ieri la Sampdoria è retrocessa in Serie C. E mentre scendeva, silenziosa e dimessa, il pensiero correva al passato. A quel passato fatto di trionfi nazionali ed europei, tra uno scudetto e una finale di Coppa dei Campioni a Wembley. Quel passato che ha fatto sognare una generazione di tifosi blucerchiati.

L’era Mantovani

All’inizio degli anni ’80, la società genovese viene acquistata da un imprenditore romano: Paolo Mantovani. Promette una Samp solida e vincente, e in pochi anni mantiene la promessa, costruendo una struttura tecnica e dirigenziale da far invidia alle grandi italiane dell’epoca. Gli acquisti di spessore non mancano. Arriva dal Bologna un giovane e promettente Roberto Mancini; in difesa si assicura Pietro Vierchowod, che presterà prima alla Fiorentina e poi alla Roma (con cui vincerà lo scudetto 1982/83) prima di tornare definitivamente alla Samp. In attacco, nel 1984, arrivano i gol del bomber della Cremonese Gianluca Vialli, che con Mancini formerà la celebre coppia dei “gemelli del gol”.

Nel 1984/85, durante la prima stagione di Vialli, arriva anche il primo trofeo della storia blucerchiata: una storica Coppa Italia vinta contro il Milan. La vera svolta si ha con l’arrivo in panchina di Vujadin Boskov. Con lui approdano a Genova anche Cerezo, Katanec, Lombardo ed esordisce tra i pali un giovanissimo Pagliuca. Con il suo 4-4-2 disciplinato, ma anche dinamico e propositivo, Boskov costruisce una squadra equilibrata e brillante. Conquista due Coppe Italia consecutive nel 1988 e nel 1989; quest’ultima avrà un sapore ancor più dolce perché è la Coppa Italia che porterà la Samp al suo primo trofeo europeo, la Coppa delle Coppe del ’90 vinta in finale per 2 a 0 grazie ad una doppietta di Vialli contro l’Anderlecht.

Il capolavoro definitivo arriva nella stagione 1990/91 con la conquista del primo e unico scudetto della storia blucerchiata. La Samp di Boskov gioca un girone di ritorno da imbattuta e conclude il campionato con cinque punti di vantaggio sulle milanesi. Pagliuca, Mannini, Vierchwood, Pellegrini, Katanec, Lombardo, Pari, Cerezo, Dossena, Vialli e Mancini, allenatore Vujadin Boskov, un 11 titolare diventato leggenda.

La stagione successiva si apre con la vittoria della Supercoppa Italiana contro la Roma, decisa da un gol di Mancini. In campionato, però, la squadra fatica e chiude sesta. In Coppa Italia esce in semifinale contro il Parma. Ma in Europa, alla sua prima partecipazione alla Coppa dei Campioni, la Sampdoria incanta: elimina Rosenborg e Honvéd, poi vince il girone di semifinale con Stella Rossa, Panathinaikos e Anderlecht, guadagnandosi una finale storica.

Il 20 maggio 1992, a Wembley, si gioca Sampdoria-Barcellona. È un sogno ad occhi aperti, ma la realtà è crudele: al 112’ Koeman segna su punizione e spezza l’incantesimo. Quella notte segna la fine di un ciclo. A fine stagione salutano sia Vialli che Boskov, diretti rispettivamente alla Juventus e alla Roma. L’anno dopo, nel 1993, muore Paolo Mantovani. La società passa nelle mani del figlio Enrico.

Negli anni successivi, la Samp conquista una sola Coppa Italia, con Eriksson in panchina e Ruud Gullit in campo. Da lì in avanti, la squadra resta in orbita Uefa ma senza mai avvicinarsi ai fasti del passato. I costi sono cresciuti, le risorse si assottigliano. Il declino è lento ma irreversibile, e culmina nella retrocessione del 1998/99, con Luciano Spalletti in panchina.

Gli anni 2000 con Garrone e gli anni ’10 con Ferrero

La Samp torna in Serie A nella stagione 2002/03, sotto la presidenza di Riccardo Garrone. Seppur lontana dai vertici, la gestione Garrone restituisce dignità e stabilità al club, che per anni resta stabilmente nella parte sinistra della classifica. Nel 2008/09 raggiunge la finale di Coppa Italia (persa contro la Lazio) e nel 2009/10, grazie alla coppia Cassano-Pazzini, conquista un quarto posto che vale i preliminari di Champions.

La stagione seguente è un disastro: eliminata dal Werder Brema e orfana, a gennaio, proprio di Cassano e Pazzini, la squadra crolla e retrocede. Dopo un solo anno di B, torna in A tramite playoff.

Nel 2013 muore Riccardo Garrone. Il figlio Edoardo tenta di proseguire, ma il legame emotivo si è già spezzato. Nel 2014 la società viene ceduta a Massimo Ferrero. L’inizio non è dei peggiori: la Samp di Mihajlovic chiude settima e si qualifica ai preliminari di Europa League. È il punto più alto della gestione Ferrero.

Negli anni successivi, nonostante il passaggio di giocatori come Eto’o, Quagliarella, Muriel, Schick e Skriniar, la squadra non supera mai la metà classifica. I problemi finanziari si aggravano e, nel 2021, Ferrero viene arrestato per reati economici (non direttamente legati alla Samp). La società, già indebolita, retrocede in Serie B nel 2023 ed è sull’orlo del fallimento. Solo l’arrivo del duo Radrizzani-Manfredi evita il peggio.

La discesa in C

Due anni dopo, il fallimento sportivo arriva sul campo. La Sampdoria è retrocessa in Serie C per la prima volta nella sua storia. Il pareggio per 0-0 contro la Juve Stabia ha certificato una stagione disastrosa, chiusa al terzultimo posto. Le colpe sono diffuse: quattro allenatori cambiati (tra cui Pirlo e Semplici), una campagna acquisti sbagliata (con Coda e Tutino deludenti), e una società confusa. I conti restano in rosso e il distacco con la piazza si allarga. La squadra finisce in ritiro forzato per evitare le contestazioni. Una stagione nata male e finita peggio.

E adesso?

Serve un progetto vero, profondo. La Serie C è dura, ma non è la fine. Anzi: può essere un punto di ripartenza, se affrontata con serietà. La Sampdoria ha ancora tanto: uno stadio unico, una tifoseria appassionata e un marchio forte e storico. La sua storia non si cancella con una classifica. Se c’è chiarezza societaria, una guida tecnica solida e una squadra affamata, la Samp può risalire. Con umiltà. E tornare, un giorno, a far sognare.

In seguito vi lasciamo con i festeggiamenti a Marassi dello scudetto del ’91, augurandoci che un giorno il pubblico blucerchiato abbia ciò che si merita davvero.